MARSEILLE



Dominata dalla mole artistica ma anche fisica di Gèrard Depardieu ha preso il volo la prima produzione francese di Netflix, una serie che tenta di tradurre con linguaggio europeo il taglio delle serie anglo-americane e di riallacciarsi a un tipo di tematica di successo (House of cards). Diciamo subito che la marca francese è ben evidente, sia nella costruzione, che alterna brevi frammenti a scene distese, sia nella fotografia e ambientazione che giocano molto sull’architettura vecchia-nuova di una città sostanzialmente inedita come Marsiglia, sia nel disegno dei personaggi, anche un po’ troppo “tipici” e prevedibili. 
 Il soggetto è basato sulla competizione elettorale che vede rivali il vecchio leone, disposto, per l’avvenire della città, a raddoppiare il suo mandato e il suo delfino divenuto un agguerrito rivale. Ma nel gioco entrano, come è ovvio, il crimine organizzato nei suoi intrecci con la politica, profittatori e faccendieri nonchè la nuova Francia, quella giovane e quella mista, figlia degli immigrati arabi e della cultura rap. Il tutto ambientato in una serie di scorci e location che rispecchiano un’urbanizzazione a volte degradata ma anche i siti moderni e ammiccanti della nuova Marsiglia, e una periferia che somiglia un po’ a quella ritratta da Luc Besson nei suoi film sulle banlieu ma frequentata da gaglioffi un po’ di maniera. Del resto anche altre figure non si sottraggono ai cliché e appaiono lontani dalle precise e incisive caratterizzazioni delle serie anglo-americane nonché di quelle del Nord-Europa. 
Ma la novità sta nel puntare su una vicenda unitaria e compatta che non si spezza in troppe seconde storie sfuggendo alle logiche più logore della serialità in progress. La storia pubblica e la storia privata sono strettamente connesse e interferiscono in maniera furba e gli autori non rifuggono addirittura dal far uso di una buona dose di “melo”. Da notare l’insistenza davvero eccessiva di scene erotiche, ammannite con inconsueta spregiudicatezza: il famoso aspirante sindaco è un assatanato di sesso, che usa anche e spesso per fini politici ma non solo. E la figliola del vecchio sindaco non è certo da meno. 
La critica è stata ingiustamente e apoditticamente feroce nei confronti di questa produzione che vuol essere sostanzialmente un serial popolare e di consumo ambientato e sostenuto – se possibile - da una storia tutt’altro che futile, raccontata con perizia e spregiudicatezza tutta francese. Critica che, pur con i rilievi negativi che abbiano seminato qua e là, non condividiamo assolutamente.

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