HAPPY VALLEY



Una vallata che proprio happy non è, un anomalo sequestro di persona compiuto da alcuni bislacchi giovinastri, dediti anche al traffico di droga, con la connivenza di un impiegato presso il padre della rapita, una poliziotta costretta dalle circostanze ad affrontare crimini insoliti, una storia familiare impicciata, vecchi rancori e nuovi delitti. Il tutto sul palcoscenico di un piccolo paese, uno di quei grigi e spenti paesi d’Inghilterra dove non succede niente o succede di tutto. 
Una seriale in sei puntate – ma con altre due stagioni -  targato BBC, una ditta che, come diceva il vecchio ritornello di Boncompagni, “non è la RAI-TV”, e neanche Mediaset aggiungiamo noi. No, la BBC riesce a confezionare storie popolari con la giusta razione di sentimenti e di accadimenti drammatici scritti in modo felice e diretti in  modo sicuro. Personaggi ben descritti e interpretati da attori di prim’ordine, che non sembrano attori per quanto riescono ad essere veri, volti non pasticciati e omologati dal trucco di maniera e scenografie realistiche quanto inconsuete, non levigate dallo smalto fotografico. Del resto su queste tematiche sociali-drammatiche la tv batte il cinema due a zero, per efficacia e verità.  
Sarah Lancashire, volto noto della tv inglese, è la protagonista del serial, che – come scrive Mike Hale sul “The New York Times” – “oltre ad essere un thriller intelligente e coinvolgente, è un racconto sulla moralità, di quelli in cui il mistero è secondario (sappiamo chi ha fatto cosa per tutto il tempo)”.

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