THE BRIDGE



C’è un aggettivo non troppo usato, “algido”, che possiamo rettamente utilizzare per definire storia, ambienti, personaggi e immagini di questa serie coprodotta in tandem da Svezia e Danimarca. Soggetto su misura: a metà del ponte di Oresund che divide le due nazioni viene ritrovato un corpo diviso in due, metà sotto la linea e metà sopra: si scopriranno poi appartenere ad un politico svedese e ad una prostituta danese. Quindi la necessità di una collaborazione stretta fra le due polizie. E parte la vicenda con due personaggi-base: la poliziotta svedese, fredda e analitica, priva di capacità sociale, è un vivente codice di regole da manuale, un robot che amministra senza sentimenti il proprio lavoro come i suoi appetiti sessuali; e il poliziotto danese, altrettanto disinvolto nelle pratiche sessuali ma più rotto agli espedienti necessari per mandare avanti il lavoro e inoltre capace di provare empatia in ogni situazione e per chiunque. 
La serie procede in modo interessante, direi che a tutt’oggi è il ritratto più commestibile e insieme eloquente di un mondo nordico, algido appunto nella vicenda, nei suoi eroi freddamente stralunati, nella sua violenza asettica e inoltre nei moduli del racconto, piano e ponderato, nel colore desaturato delle immagini, nel taglio molto singolare delle inquadrature che, nella loro voluta staticità, offrono dei paesi del Nord-Europa un ritratto, vorrei dire una fotografia inconsueta, riuscendo a leggere e fissare atmosfere e architetture in modo esemplare. Dunque più di un motivo d’interesse.
Ovviamente la serie è stata rifatta in America sfruttando il confine Messico-USA, nonché in Europa utilizzando il tunnel che unisce Francia e Inghilterra: insomma un delitto a metà strada sembra una ghiotta occasione da non perdere per varare una coproduzione.

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