E’
un film del 2011 diretto da George
Clooney, basato sul lavoro teatrale di Beau
Willimon. Già da svariati anni la televisione ha reso di pubblico dominio
le pratiche politiche che contraddistinguono le cosiddette primarie americane,
cioè le campagne per l’elezione del candidato che sfiderà il rivale dell’altro
partito nella corsa alla Casa bianca. “Le idi di marzo”, data della congiura
per sopprimere Cesare, appartiene – o meglio resuscita – quel filone di
acerrime critiche alla natura ostile e predatoria della società capitalistica
statunitense del XX secolo che fece la fortuna di una serie di film negli anni
Sessanta, il più delle volte ispirati
dalle cronache della tv o tratti addirittura dagli originali tv di Rod Serling,
Clifford Odets, Paddy Chayevsky, ecc. E c’è da dire che questi film si
permettevano un livello e una violenza critica nei confronti del “potere” che
in altri paesi fuori dall’America, compreso il nostro, sarebbero stato oltre
che inconcepibili, oggetto di critiche e censure feroci. “Le idi di marzo” è
uno di questi.
Nonostante non sia il primo esemplare di quel filone
“presidenziale” di cui abbiamo visto molti esempi e che anzi costituisce un
omaggio ai classici del cinema politico anni 70, la critica è, oltre che
esemplare, particolarmente spietata. I gruppi di potere, le strategie, i compromessi,
le cricche manageriali che stanno alla base delle campane presidenziali, un
gioco di ricatti e di scandali, la ricerca spasmodica dei “peccati originali” di cui i singoli
candidati possono essersi macchiati, le connivenze fra stampa, pubblica opinione
e manager politici, un campionario delle umane virtù allo stato puro. Insomma
vince chi diventa più coriaceo e abbraccia il gioco dei ricatti.
George
Clooney, di attestata fede democratica, dirige con abilità e scioltezza il
tutto, con una perfetta gestione degli attori, fra cui spiccano il giovane Ryan
Gosling e il compianto Philip Seymour Hoffman. Un film molto interessante,
inconcepibile sui nostri impegnati quanto indottrinati schermi.
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