Controfigura di Sean Connery nei primi 007 – almeno secondo la vulgata,
ma in realtà coordinatore degli stuntman - Steven Seagal ha poi
debuttato come attore esperto in arti marziali, ci ha provato gusto e,
con il passare degli anni, è divenuto un instancabile
produttore-interprete di film-movie, sempre più massiccio e ingombrante
ma risolutamente impegnato in situazioni e azioni ripetitive quanto e
più di una serie televisiva di second’ordine.
In questa
“Trappola in alto mare” (Under Siege), che Netflix ci ripropone a 24
anni di distanza dal suo più grande successo al botteghino, Steve è
ancora giovane e aiutante, le sue non eccelse capacità artistiche non si
sono ridotte all’unica imbronciata espressione di cui fa sfoggio negli
ultimi film, riesce addirittura a sorridere qualche volta e soprattutto
si muove e combatte in modo credibile, muovendosi fra nemici di ogni
risma: una schiera di cattivissimi alla conquista della storica
corazzata Missouri che, carica di Polaris a testata atomica, sta
avviandosi all’ultimo viaggio trionfale. Cattivissimi agli ordini di un
Tommy Lee Jones non ancora assurto ad eroe buono ma estroso psicopatico
un po’ alla Joker di batmaniana memoria, nonché di Gary Busey, ancor più
psicopatico, assistiti da un Colm Meaney stinto “consiliari”
finanziario.
Sparatorie, duelli, mitragliate a gogo, coltelli che
volano, sottomarini che emergono, cannoni, siluri che partono, mentre a
distanza un consesso di politici, inetti e impotenti come da copione,
attendono che il nostro Steven – improbabile cuoco per l’occasione –
sbrogli la complicata matassa. Quando, come in questo caso, i film
d’azione funzionano non c’è granchè da rimproverare loro e un pomeriggio
divertente è garantito. Non manca neppure, fra tanta mascolinità, una
graziosa biondina, scritturata per uscire dalla solita torta e promossa
a guerrigliera indomita al fianco del corpulento eroe.
A proposito di
questo film la cronaca cattiva ricorda due pettegolezzi passati alla
leggenda del gossip: Tommy Lee Jones, a riprese finite, dichiarò che non
avrebbe mai più lavorato con il buon Steven e Colm Meaney, uno dei
cattivi, lo definì “il peggior attore al mondo”.
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