“Die praesenz” rischia di essere il film più film o meno film che
abbia visto da qualche anno a questa parte. Immaginate tre ragazzi che
vivono per otto giorni in un castello che si ritiene abitato da
misteriose presenze e che cercano di documentare la loro “orribile”
vacanza con riprese “fai da te”, realizzate con una piccola telecamera
adoperata a turno da uno dei tre, che di notte viene piazzata su un
supporto perchè possa continuare a registrare quanto
accada. Ma la telecamera fa quello che può, nei limiti del suo
obbiettivo, senza alcun impiego di luci se non una modesta torcia, e le
immagini peccano per scarsissima definizione, perdono tutto il croma
quando tentano di leggere il buio, sono soggette a frequenti
interferenze, scrosci, interruzioni e quant’altro.
L’intento – lo si è
detto – sarebbe quello di documentare “la presenza” di un’entità, di un
fantasma, di un poltergeist, chiamatelo come volete. Ma finisce per
documentare unicamente la loro paura, il crescere di una suggestione che
diventa psicosi e che, come oggettive pezze d’appoggio, non ha che una
serie di tonfi, di grida, di frastuoni crescenti o al massimo qualche
porta che sbatte. E il timore diventa terrore, la paura diventa psicosi.
La telecamera impazzisce anch’essa e documenta, ma solo a tratti, il
volto della ragazza diventato la prova di un incubo. Alla fine una
didascalia ci informerà che, assieme al contenuto della telecamera, nel
castello è stato rinvenuto il cadavere di uno dei tre mentre la ragazza è
stata ritrovata mentre girava impazzita nella brughiera.
Sconcertanti e
irritanti le immagini povere e disturbate della telecamera che ci
inseguono e perseguitano per un’ora e ventidue, coinvolgendoci nel
gioco. Assente ogni commento musicale e dialogo ridotto a monconi di
battute. Un film o una burla? A suo modo un film. Ne è autore e regista
Daniele Greco, che ha intrapreso un giro per la Germania, sponsorizzato
da Facebook, per reperire i soldi necessari per l’ambiziosa operazione.
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