MAKKHI



Da che parte cominciare per recensire questo film indiano prodotto nel 2012 e campione d’incassi? Impresa ardua: film fantasy? Certo!, perché racconta una fiaba, presentata come tale anche nelle battute che ascoltiamo mentre sfilano i titoli di testa, con la bimba che prega suo padre di raccontarle una favola. E sarà la storia di un amore spezzato da un protervo magnate che uccide il rivale in amore. Ma lo spirito del defunto s’incarna in una mosca dispettosa che esigerà la sua vendetta perseguitando implacabile il suo assassino. Un film d’animazione?, anche, perchè la mosca che ne è la protagonista si mescola in modo singolare alle riprese con attori in carne ed ossa. Una commedia?, evidentemente, perchè il tono grottesco del film non raggiunge mai toni lugubri o drammatici. Un film d’effetti speciali?, senza dubbio, perché la tecnica digitale, ricca di risorse e di soluzioni strabilianti, ne è la maggiore responsabile. Un film targato Bollywood? Come negarlo? Per la scelta degli interpreti, per la collocazione, per le connotazioni scenografiche. Ma anche per quel modo singolare di narrare, dove canto e pantomima entrano a pieno diritto, specie in quella storia d’amore – prima che il giovane ucciso trasmigri nell’insetto – leggera e poetica, sorridente e vaporosa. Un kolossal? Come negarlo: Basta informarsi sulla vicenda complessa e pasticciata della sua lunga gestazione, l’impegno finanziario, le varie versioni e i sequel e così via. Ma soprattutto un film indiano per i suoi temi. La vendetta in primo luogo, ma anche la trasmigrazione, la metempsicosi, l’induismo, la presenza dei morti, i riti sciamanici eccetera. 
Un film godibile, senza le consuete amputazioni della parte canora e dei balletti operate dalle reti nostrane quando, solitamente in estate, si concedono il lusso di distribuirci i prodotti, più commestibili per noi, del ricco carniere targato Bollywood.


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