Idris Elba, il nerboruto attore afro-britannico, in temporanea vacanza
dalla serie “Luther”, riempie con la sua presenza questo ennesimo film
della “camera chiusa”. E cioè: un violento assassino, evaso dal
cellulare che lo riparta in carcere dopo l’udienza per la concessione
della libertà provvisoria, negatagli da un giudice avveduto si rifugia
nottetempo nella villetta di una gentile signora con due figlioletti a
carico – una bambina e un poppante -. La donna
pecca d’ingenuità e lo accoglie credendolo un innocuo reduce da un
incidente, ma cresce la tensione, il delinquente si libera da una donna
invadente e ingombrante venuta a consolare l’amica in parziale crisi
matrimoniale, e quando l’ospite si accorge del fatale errore commesso è
ormai troppo tardi. E l’evaso impazza da bravo psicopatico.
Due ore di
tensione, ma di quella vera, di prima qualità, anche se lo spunto non è
proprio originale. Vi sarà anche un risvolto finale che non denunciamo.
Stereotipi un po’ abusati ma meccanismi collaudatissimi, la cui
scrittura sembra ricalcare fedelmente i classici del genere, da “Panic
Room” di David Fincher a “24 Ore” di Luis Madoki, nei quali la trama di
una vendetta domestica si risolve nel prevedibile meccanismo di una
trappola per topi. Come thriller niente da eccepire, la presenza di
Idris è magnetica, la suspense ben dosata, Taraji P.Henson non sarà una
gran bellezza ma si difende bene, e i due bimbi sballottati nei vari
tentativi con i quali la donna tenta di sottrarsi al suo persecutore
aggiungono – come facilmente prevedibile - tensione alla tensione.
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