Obbligatoria – e ne abbiamo avuto contezza dalla visione di numerosi film – la presenza di “mascotte”, majorettes, pompom e simili nel corso di manifestazioni sportive o nel vasto panorama di manifestazioni USA. A tal punto che l’impiego di una mascotte, utilizzata anche come logo cioè come immagine-simbolo, è diventato d’uso comune nei grandi eventi internazionali, dove può funzionare anche da portafortuna.
Il
film-documentario “Mascots” tratta dell’annuale gara fra
mascotte per l’assegnazione dell’ambito riconoscimento. Vi convengono
concorrenti da tutte le parti degli States e oltre, coppie o singoli,
seri o meno seri professionisti, che hanno come solo scopo e ideale
nella vita quello di indossare un abito buffo e surreale ed esibirsi in
coreografie esilaranti per sostenere una squadra o eccitare le folle
presenti a un avvenimento sportivo. Il “documentario” in oggetto offre
interviste ai vari partecipanti, segue la loro preparazione, registra le
esibizioni della gara, ne commenta i risultati.
Solo che è tutto
fasullo: il documentario è falso, si tratta di un film a soggetto
truccato da documentario – il Woody Allen di “Prendi i soldi e scappa”
ha fatto scuola – uno di falsi-doc che formano la specialità del
singolare regista Christopher Guest, come “Campioni di razza” (2000) e
“Amici per la musica” (2003). Con “Mascots” (2016) Guest ci riprova, con
molto spirito e una buona dose d’ironia.
Non sempre il gioco gli riesce
e le interviste (specie nella parte iniziale) appaiono un po’ prolisse,
specie per il pubblico nostrano. Ma il cinema è anche questo e in
un’epoca che promuove grigi e risaputi documentari al massimo podio dei
Festival un esercizio del genere può essere persino salutare.
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