THE KILLING



La regola del “format” ha invaso e conquistato i mercati. Non si rischia più in proprio, come nei primi tempi della mia televisione, ma per interposto format. Quel programma ha fatto successo in qualche strano paese? E allora copiamolo, ma di brutto, senza vergogna, pagando all’inventore i relativi diritti. Copiamolo nelle scenografie, negli espedienti, nei jingle musicali, negli spazi pubblicitari, insomma nel buono e nel cattivo. Così si rischia meno, solo i denari del diritto d’autore. La moda del “copiato” dai quiz-show, dai talent e dalle rubriche cosiddette d’intrattenimento si è estesa anche agli sceneggiati e ai film dove il copiato è meno tassativo e vincolante e il format si chiama remake. Stavolta non solo si copia ma si adatta. I “Benvenuti al Sud” di Maniero e “Il nome del figlio” dell’Archibugi – per fare due esempi - traggono entrambi lo loro linfa, opportunamente annacquata, da due film francesi di cui rinnovano, specie il primo, il successo anche dalle nostre parti. E siamo giunti a parlare dei serial televisivi: “Il medico in famiglia”, “I Cesaroni”, “Braccialetti rossi”, “La scelta di Laura”, “Il paradiso delle signore”... sono tutti degli attenti “copiati”. Di solito gli stranieri sanno copiare anche meglio di noi. Così dicasi per alcune serie statunitensi tratte o ispirate da altrettanti serie nordiche. 
Parliamo di “The killing”, ambientato in una provincia americana che somiglia tanto alla Danimarca, non fosse che per quella pioggia continua, lugubre, incessante che trasforma la città grigia in un’atmosfera da incubo: due poliziotti un po’ disastrati debbono risolvere un caso che ruota attorno all'omicidio di una giovane ragazza e alla conseguente indagine della polizia. E inoltre ognuno dei due poliziotti si trascina dietro i suoi problemi familiari ed esistenziali. Un racconto in sordina, accolto molto positivamente dalla critica, due personaggi non scontati e prevedibili, connotati psicologicamente con grande finezza, una storia non consequenziale e astringente come i polizieschi made in Usa ma ondivaga, come la realtà. Sì, questa autrice-produttice, la canadese di origini indiane Veena Sud, ci sa fare e con lei Mireille Enos e Joel Kinnaman. i due attori principali, non blasonati, che ne sono gli interpreti.

Ho terminato la visione di “The killing”: finita anche la breve quarta stagione in sei episodi. E’ singolare come questa rivisitazione americana di una serie danese sia rimasta “nordica”, per la pioggia continua che è caduta incessante notte e giorno su ogni puntata delle quattro stagioni, per quel clima triste, spento, di gente che vive ai margini della moderna città, nelle umide e tristi periferie, nei suoi personaggi introflessi, al limite della psicosi, per quella presenza di giovani emarginati. Serie di diverso tono e peso, con storie più o meno truci o affascinanti ma sempre immerse in questo clima, spesso fatto di attese e di silenzi. Indimenticabili gli attori, tutti eccellenti e con volti non banali, non raccattati a caso da un annuario fotografico come in molte delle nostre fiction, a cominciare dai due protagonisti – Mireille Enos e Joel Kinnaman - che sono cresciuti nel corso del tempo, due volti non belli secondo la definizione classica, non particolarmente carismatici ma intensi, e due livelli interpretativi raramente raggiungibili. Ormai sempre più spesso le serie tv ci offrono una gamma di temperamenti e di prestazioni addirittura sconcertanti. 

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