Sadismo, necrofilia, ostentazione del sangue costituiscono la (macabra
?) liturgia di una delle serie più fortunata e longeva dell’odierna
televisione, prodotta negli USA dal 2006 al 2013 (otto stagioni) e
distribuita anche dalla tv italiana.
Dexter è un tranquillo e metodico
tecnico della polizia di Miami, una sorta di agente della scientifica,
adibito all’esame delle tracce di sangue ritrovate accanto e sui
cadavere, atte a individuare i probabili assassini. E di conseguenza è
alla caccia di uno o più serial killer che costituiscono una minacciosa
quanto continua presenza in quella zona pericolosa di Miami. Ma in
realtà l’assassino efferato è proprio lui, che vive una seconda
impensabile doppia vita: uomo di legge il giorno, ma inflessibile
giustiziere di notte, un feroce e spietato serial killer, che però
agisce seguendo un proprio rigoroso codice: uccidere soltanto criminali
che sono sfuggiti alla giustizia, i delinquenti impuniti di cui è
seminata l’odierna società. Con un macabro rituale lo psicopatico Dexter
seziona le sue vittime e ne disperde il cadavere in pezzi.
Attorno a
lui una corona di personaggi. Una sorella adottiva, poliziotta
anch’essa, tutta una squadra di piedipiatti, la sua compagna, separata e
madre di due bimbi a cui Dexter fa da padre amoroso e altre figure che
si alternano nel corso delle varie stagioni. E inoltre l’ombra di un
padre che, anche dopo la scomparsa, proietta il suo fascino oscuro e
morboso sul proprio figlio: avendo compreso molto presto che Dexter è un
sociopatico e un potenziale serial killer ha cercato di evitargli un
futuro carcere o la sedia elettrica, insegnandogli a incanalare gli
impulsi violenti verso chi "se lo merita".
Ma l’elemento distintivo
quanto singolare della lunga serie è la chiara ambivalenza
negativo-positiva del protagonista: efferato sadico killer e insieme
giustiziere spietato di tutti i malvagi e i manigoldi destinati a
restare impuniti perché inafferrabili dalle maglie larghe della
giustizia, in breve con l'ossessione di voler uccidere chi merita di
essere ucciso. Anche nella fisicità dell’ottimo attore prescelto ad
interpretarlo, in quel suo sguardo ambiguo e sfuggente, talora ottuso
talora indefinibile, quasi malizioso, il personaggio Dexter rivela
questa continua duplicità che si trasferisce nella complessa ed
altrettanto equivoca disposizione morale dello spettatore, sballottato
fra attrazione-repulsione e costretto ad infrangere i consueti confini
di giudizio fra bene e male, quei confini che cinema e tv hanno
stabilito per anni in termini piuttosto manichei.
Forse il successo
della serie riposa proprio nella repulsione-ammirazione per un
personaggio che spezza i suoi ed i nostri rigidi confini morali: un
serial killer che assume i connotati di un eroe. Presi nel gioco, come
spettatori temiamo addirittura che possano scoprirlo bloccando il suo
macabro compito, lo amiamo e detestiamo allo stesso tempo. E con uno
stomaco ormai aduso allo splatter subiamo necrofilia e sadismo nel corso
di un sereno divertimento serale. Michael C. Hall, l’attore che
interpreta Dexter, ha dichiarato che non farebbe mai vedere il serial a
suo figlio prima che abbia compiuto 14 anni (!).
Somatizzata la delusione per la sesta stagione, ho attaccato la settima e penultima serie della saga del “killer per istinto vocazione e condanna”, cioè del giovane Dexter, traviato anzitempo dall’affettuoso padre adottivo che ha indirizzato il suo “impulso naturale” (?) omicida verso chi si “merita” la morte, trasformandolo in un utile “giustiziere della notte”. Una falsariga perversa che la tv è riuscita a farci digerire con una delle sue serie più riuscite. Nel corso delle varie stagioni gli autori sono riusciti a farci tollerare l’assunto un po’ perverso facendo del killer per scelta un personaggio ondivago ma sostanzialmente simpatico, con quel suo sguardo a cui un leggerissimo strabismo aggiunge una nota di smarrita resa a un destino accettato.
Diciamo subito che questa settima stagione, fatto fuori finalmente il fragile personaggio interpretato dall’altrettanto fragile figliolo del grande Tom Hanks, comincia con un colpo di scena dirimente e sconcertante: la vera personalità di Dexter “finalmente” scoperta dalla sua amatissima sorella adottiva, poliziotta a tutto sesto. E’ come rimettere in gioco tutta la faccenda. Che succederà? Attendo di conoscerlo ma dopo questo inizio mi vedrò costretto a continuare la visione sino ad esaurimento serie.
Nel frattempo sono riuscito a scovare e a leggere il romanzo da cui la serie aveva preso le mosse, costatando come gli sceneggiatori abbiano superato di molte misure lo spunto originale, niente affatto esplosivo e sostanzialmente deludente.
Resta un tema aperto: come gli eroi popolari più seguiti, al cinema e alla tv, siano in fondo individui equivoci che uniscono repulsione e attrazione, forse immagine dei tanti big che conquistano la nostra attenzione nella vita pubblica, politica, artistica e culturale. Mentre ai tempi della Hollywood che fu la stampa faceva di tutto per nascondere sotto una coltre di estrema rispettabilità vizi, peccati e peccatucci dei divi, oggi la stessa stampa si affanna a metterli in evidenza come elementi positivi e motivi d’attrazione. Chi non delinque, in campo pubblico o privato, non interessa e non attrae: tutto sta nel non farsi scoprire condannare bandire ma restare in gioco, una stagione dopo l’altra.
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Somatizzata la delusione per la sesta stagione, ho attaccato la settima e penultima serie della saga del “killer per istinto vocazione e condanna”, cioè del giovane Dexter, traviato anzitempo dall’affettuoso padre adottivo che ha indirizzato il suo “impulso naturale” (?) omicida verso chi si “merita” la morte, trasformandolo in un utile “giustiziere della notte”. Una falsariga perversa che la tv è riuscita a farci digerire con una delle sue serie più riuscite. Nel corso delle varie stagioni gli autori sono riusciti a farci tollerare l’assunto un po’ perverso facendo del killer per scelta un personaggio ondivago ma sostanzialmente simpatico, con quel suo sguardo a cui un leggerissimo strabismo aggiunge una nota di smarrita resa a un destino accettato.
Diciamo subito che questa settima stagione, fatto fuori finalmente il fragile personaggio interpretato dall’altrettanto fragile figliolo del grande Tom Hanks, comincia con un colpo di scena dirimente e sconcertante: la vera personalità di Dexter “finalmente” scoperta dalla sua amatissima sorella adottiva, poliziotta a tutto sesto. E’ come rimettere in gioco tutta la faccenda. Che succederà? Attendo di conoscerlo ma dopo questo inizio mi vedrò costretto a continuare la visione sino ad esaurimento serie.
Nel frattempo sono riuscito a scovare e a leggere il romanzo da cui la serie aveva preso le mosse, costatando come gli sceneggiatori abbiano superato di molte misure lo spunto originale, niente affatto esplosivo e sostanzialmente deludente.
Resta un tema aperto: come gli eroi popolari più seguiti, al cinema e alla tv, siano in fondo individui equivoci che uniscono repulsione e attrazione, forse immagine dei tanti big che conquistano la nostra attenzione nella vita pubblica, politica, artistica e culturale. Mentre ai tempi della Hollywood che fu la stampa faceva di tutto per nascondere sotto una coltre di estrema rispettabilità vizi, peccati e peccatucci dei divi, oggi la stessa stampa si affanna a metterli in evidenza come elementi positivi e motivi d’attrazione. Chi non delinque, in campo pubblico o privato, non interessa e non attrae: tutto sta nel non farsi scoprire condannare bandire ma restare in gioco, una stagione dopo l’altra.
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