Recitava un detto popolare di Fano: “Hai da esa bon, mo en i da esa
cuon!” (traduzione: buono ma non coglione), intendendo dire che la
troppa bontà, l’ingenuità ad oltranza non è pagante. E invece il cinema
comico ha sempre privilegiato questa figura dell’ingenuo ad oltranza,
del buono troppo buono che però, alla fine della storia, riesce
vincitore. Senza scomodare Charlot, poveruomo bistrattato che a volte
può essere anche un po’ crudele, il personaggio dell’ingenuo,
al limite del “minus abens”, dell’adulto che si comporta come un
bambino, dell’eterno fanciullo dalla timidezza e ingenuità disarmanti,
tenero e romantico, candido e innocente, indifeso contro la malizia del
mondo circostante, è una caratteristica costante del cinema comico,
dalle grande facce del muto come Harry Langdon sino a Jerry Lewis,
l’ingenuo – il buon “cretino” - si ripresenta tale e quale per mettere
in crisi gli intelligenti e i troppo furbi. E se la cava sempre alla
grande.
Pee-Wee Herman si rifà evidentemente ai comici del passato
ereditandone il tipo, con quella faccia da pagliaccio “retro” che imita
palesemente Larry Semon, cioè Ridolini, le movenze scattanti e un
sorriso che si accende e gira a vuoto, manierismi un po’ effeminati e
stravaganti espressioni facciali. Pee-wee è una sorta di bambino
impaziente e ingordo, neanche tanto malinconico anzi che ama divertirsi
e scherzare e la cui età non è mai esplicitamente indicata. Paul
Reubens ha creato il personaggio esattamente trent’anni fa in una serie
televisiva, poi in due film, poi un’interruzione forzata per
un’incresciosa disavventura giudiziaria, e poi ancora questa rinascita
targata 2016.
Un nuovo film, surreale e bamboccesco quanto basta. Un
“vieni avanti cretino!” che risale ai tempi dell’avanspettacolo. Ma
stavolta la sua goffa ingenuità, valica le strade della piccola città,
dove tutti lo salutano sorridenti e gli vogliono bene. Pee-Wee giunge a
New York, dove ritrova un amico impossibile – altra costante del comico,
il bisogno della spalla - e tutto termina in un divertente e
prevedibile lieto fine. Una rinascita di quel comico meccanico che
dovrebbe piacere tanto ai bambini, senza nessuna connotazione
umanitaria, senza nessun sottotesto. Un gioco? E allora prendiamolo per
tale.
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