GANGSTER SQUAD



Più di un occhiolino ai vecchi film di gangster, non tanto a quelle rivisitazioni degli anni Ottanta (vedi “Gli intoccabili” di De Palma, 1987) quanto ai classici degli anni Trenta-Quaranta, con le sparatorie selvagge, i morti a bizzeffe, i killer spietati e i poliziotto impegnati in una lotta inane. La storia di questo film si ispira a quella di un gruppo di poliziotti del Dipartimento di Los Angeles che formò, nel corso degli anni Quaranta, un gruppo denominato "Gangster Squad", con l’intento di combattere il noto criminale Mickey Cohen. Riprendere i passaggi topici del vecchio “genere” e raccontarli con il colore e con la spregiudicatezza moderna doveva essere evidentemente la “mission” del film: sangue a bizzeffe, un po’ di salutare sadismo, via la linea di demarcazione fra buoni e cattivi, inseguimenti di auto impazzite e così via. 
Ma l’operazione può dirsi fallita, non convincono questi nuovi eroi, spietati quanto sprovvisti di carisma, non convincono i generici ceffi dei cattivi, non convince soprattutto l’interpretazione macchiettistica del cattivone di turno, che poi sarebbe – o dovrebbe essere - un personaggio realmente esistito, il boss ebreo Cohen. Sean Penn ne fa una involontaria parodia con una truccatura carnevalesca che ci ricorda i gangster parodistici di “Dick Tracy” e ci fa dubitare sulla reale consistenza di questo attore che forse abbiamon sopravvalutato. Ma già con il mediocre film americano di Sorrentino, “This Must Be te Place”, ci erano sorti i primi dubbi. Sventolate di mitra, sparatorie degne del più mediocre videogioco si succedono senza provocare la minima emozione e, quel che più conta, neppure il minimo interesse. 
Rimpiangiamo i vecchi film, con quelle presenze scolpite, appena un po’ sopra le righe, e quel bianco e nero che evidenziava i paesaggi cittadini di un periodo scuro della malavita americana: criminali senza scrupoli, delitti sempre più efferati, denari facili, criminali ritratti come megalomani che nutrono rapporti morbosi con le loro donne. E soprattutto atmosfere quasi sempre cupe e notturne. Questa tentata rinascita di un genere rischia di decretarne la fine. Attori volonterosi quanto inefficaci: Josh Brolin è il duro e puro, Ryan Goslin il giovane rampante, Emma Stone la pupa equamente divisa fra l’orrido boss e il buon poliziotto, Robert Patrick, già “terminator” anti-Schawarzenegger, è il vecchio pistolero. In un piccolo ruolo l’anziano Nick Nolte. 
Riuscire ad annoiare con un film strapieno d’azione è una bella impresa. Ma l’imbelle regista Ruben Fleischer ci è riuscito.

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