IL CACCIATORE DI DONNE



Il killer – in italiano: l’assassino seriale – è di gran moda. Non c’è film-tv o tele-serie degni di rispetto che non spiattelli le avventure di un assassino che prende gusto al suo lavoro, ovviamente sino a quando un poliziotto, pertinace quanto sbertulato dai superiori, riesca a metterlo spalle al muro. Dopodiché, spesso ma non necessariamente, inizia la diatriba per capire se il nostro killer lo faccia per gusto o per malattia. Una fortunata serie televisiva – “Dexter” – ha addirittura cantato le avventure di un killer che unisce il piacere d’ammazzare il prossimo all’amore sviscerato per la giustizia. 
A questo punto, incappando nel “Cacciatore di donne” (2013), avevo avuto la prima impressione che si trattasse dell’ennesima storia di killer. Nella fattispecie di un killer che si divertiva a spassarsela con fanciulle in fiore per poi farne animali da cacciare nella gelida Alaska, fra stentate betulle e ostili panorami. E invece no, si trattava – mi assicurava la didascalia iniziale - di una storia vera, con tanto di foto, prima dei credit finali, delle autentiche disgraziatissime protagoniste: un killer esagerato che aveva sterminato un’infinità di ragazze prima di essere individuato e messo fuori combattimento. 
Nel nostro film il poliziotto bravo quanto incompreso ha la faccia ormai spenta di Nicholas Cage mentre l’assassino è interpretato altrettanto di malavoglia da John Cusack, Ma c’è una ragazzina molto brava, Vanessa Hudgens, che riabilita il tutto e la regia - opera prima dell’esordiente neozelandese Scott Walker - racconta la storia con efficace nervosismo, stile fluido e una camera gagliardamente mobile. 
Insomma da vedere? Fate voi!

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