Altro sottogenere che al cinema ha una storia lunga: non parliamo dei
classici quanto del rigurgito di commediole che rappresentano il
conflitto seminserio fra improvvisati babysitter maschili e bambini
terribili, una costante anche nella programmazione degli ultimi anni. Ma
questo “Babysitting” (2014) di Nicolas Benamou e Philippe Lacheau (che
ne è anche il protagonista), redatto secondo il solito umorismo
francese, li spiazza tutti.
Un umorismo francese modernizzato,
declinato in sintonia con lo spirito giovanile, ma ben lontano dai
giovanilismi smaccati e allappanti del cinema americano. Storiella
semplice e un po’ risaputa, più che una storiella uno spunto: tre
giovani occupati presso un’industria con ruoli molto subalterni. Uno di
essi si presta a far da babysitter d’emergenza nella splendida
abitazione del suo principale, rinunciando alla prevista festicciola per
il suo compleanno, ma gli altri due amici lo raggiungono nella casa del
magnate e improvvisano per lui una sorta di “rave” che si fa sempre più
sfrenato. Alla “notte brava” si unisce anche l’enfant terribile, il
ragazzino messo a dormire che si è risvegliato anzitempo, che con gli
improvvisati amici vive buona parte dell’avventura, compreso uno
sfrenato intermezzo al Luna Park. Finale in gloria. Tutti e tre in
galera per i danni arrecati alla magione e all’ordine pubblico, ma bimbo
riconciliato con i genitori nonché con i nuovi indimenticabili sodali.
Il film è costruito attorno a un pretesto: i due genitori, convocati dalla polizia nella loro casa “distrutta” assistono alla ripresa casalinga fatta da uno dei partecipanti che ha immortalato dilettantisticamente l’inverosimile e inverecondo crescendo della grande kermesse.
Il film è costruito attorno a un pretesto: i due genitori, convocati dalla polizia nella loro casa “distrutta” assistono alla ripresa casalinga fatta da uno dei partecipanti che ha immortalato dilettantisticamente l’inverosimile e inverecondo crescendo della grande kermesse.
“Babysitting” è un film pregevole e per più motivi; primo,
perché la descrizione della sarabanda è esemplare, con uno stile di
ripresa falsamente improvvisato ma senza lenocini e compiacimenti da
Cine-club; secondo, perchè i giovani protagonisti, bambino compreso,
sono bravi e simpatici; terzo, perché una volta tanto in film del genere
vengono evitate pruderie e conclusioni “politically correct”, cioè
ipocritamente moraleggianti - la notte a cui partecipa il bimbo è
chiaramente trasgressiva-; quarto, perché la coppia dei genitori, fra
cui si esibisce la signora Savoia, è altrettanto simpatica e non
prevedibile. Ma il film non è una semplice sommatoria di questi motivi, è
una sbrigliata commedia tutta da vedere.
So che del film è stato
realizzato un sequel. Non oso pensare cosa ne abbia fatto il remake
nostrano apparso – e pensiamo scomparso – pochi mesi fa.
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