HOSTAGES


Lo spunto parte da una molla che il cinema ha più volte e utilmente usato: sequestro di innocenti e successivo ricatto perchè uno di essi compia un atto grave per salvare i congiunti. Era la base di partenza di un ottimo film del 1955 come “Ore disperate”, che ebbe anche un remake meno riuscito nel 1990, e riecheggia, opportunamente modificato o variato, in molte opere cinematografiche e televisive. “Hostages” ne è un po’ la sagra. 
Un’ottima serie prodotta e realizzata in Israele nel 2013 - e che ovviamente gli americani si sono affrettati a rifare a casa loro - congegnata in dieci abilissime puntate: una illustre chirurga, scelta per operare il Premier del paese, viene ricattata da una banda di personaggi di varia estrazione che tiene in ostaggio la sua famiglia: uccidere l’uomo politico nel corso della banale operazione o assistere alla morte dei propri congiunti, due figli e marito. Tutto qui ma la vicenda si complica: la rete dei sequestratori e dei loro mandanti è vasta e insondabile, i quattro figuri divergono per estrazione motivazioni e comportamenti, la chirurga mette in atto varie espedienti per procrastinare la decisione e così via... 
Ci asteniamo dal riassumere una vicenda che, puntata dopo puntata, si struttura e si complica: buona sceneggiatura, sobria e robusta realizzazione, valida prestazione attorale con una protagonista molti brava e credibile, colpi di scena ben dosati. Insomma una signora “serie”. Ma è destino ormai che le serie migliori europee o altro – vedasi “House of cards” della BBC – vengono ridotte a tambur battente in versioni americane più prevedibili e “abboccate”, redatte secondo i furbi standard che vanno per la maggiore. E’ la stessa iniqua sorte che noi italiani riserviamo alle commedie francesi, da noi “rivedute e corrotte”, per usare una vecchia battutaccia. Triste, molto triste. 
E’ doveroso un aggiornamento dopo aver conclusa la visione delle dieci puntate. La soluzione della vicenda, impostata nella nona puntata e risolta nella decima, si impantana per un eccesso di intrigo che dal piano politico scivola in quello privato, con un colpo di scena finale inatteso quanto calato dall’alto. Come diceva il personaggio di Billy Wilder, “Nessuno è perfetto”.

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