Scrittore Fantasma, in inglese “Ghost writer”, che il distributore italiano traduce nel più
equivoco “L’uomo nell’ombra” (2010). Traendo materia da un romanzo di
Robert Harris, Polanski si riaccosta in certo senso a quell’atmosfera di
conturbante e indefinibile mistero che era al centro del suo film più
fortunato, “Rosemary’s baby”. Un giovane ma già esperto “scrittore
fantasma” viene incaricato di redigere la biografia di Adam Lang,
navigato uomo politico. Si accosta al suo
lavoro con la curiosità dello zelante ricercatore ma scopre via via
strani indizi che sembrano condurlo verso la scoperta di un verità
scomoda. Verità che, in definitiva, gli verrà impedito di rivelare, come
avviene per il novanta per cento delle verità scomode.
La pellicola cammina
sulle spalle di questo personaggio coraggioso, animato da
un’inquietudine profonda - o chiamiamola ansia di scoprire - spinto
sulle tracce di una vita celebrata dalla pubblica fama ma tutt’altro che
esemplare e degna di rispetto, dato che sulla testa del personaggio
sembrano pendere addirittura un’accusa per crimini di guerra e torture. E
insieme è la scoperta dell’imprevedibile “nido di vipere” e di
corresponsabili che circonda il suo celebrato ma equivoco politico. Cosa
spinge questo personaggio timido e inquieto, che Ewan Mac Gregor
interpreta con eccezionale bravura, a non accontentarsi delle facili
verità, violando l’immagine ufficiale officiata dalla stampa benevola?
Il film, costruito con quella padronanza del mezzo che a Polanski è
doveroso riconoscere, avvolge lo spettatore in spire lente, che crescono
piano piano, tuffando il nostro “eroe” in un’atmosfera malsana che il
mare livido e le spiagge aride dell’isola di Martha’s Vineyard nel
Massachussetts, in cui la storia è ambientata, non riescono a dissipare.
Un buon film premiato da numerosi Premi internazionali.
Nessun commento:
Posta un commento