Sono incappato nel più brutto film visto da molti anni a questa
parte, “Il divo”.
Una lunga passerella pseudopolitica per quegli attenti lettori di quotidiani che da un titolo sanno risalire a dei fatti che qui non vengono raccontati ma solo brevemente illustrati da lambiccate inquadrature pletoriche e pretenziosamente “artistiche”.
Una lunga passerella pseudopolitica per quegli attenti lettori di quotidiani che da un titolo sanno risalire a dei fatti che qui non vengono raccontati ma solo brevemente illustrati da lambiccate inquadrature pletoriche e pretenziosamente “artistiche”.
Fra tanti volti
di politici siglati da apposite didascalie, degni di figurare in un
“album Panini”, si aggira, mummia vivente, una squallida imitazione del
compianto Oreste Lionello, già arguto imitatore di Andreotti. La nuova
performance di Toni Servillo non raggiunge gli scarsi e deprecabili
livelli dell’attuale Bagaglino.
La chiave polemica di tutto il film è
validamente riassunta nei tre minuti nei quali uno uno Scalari,
interpretato – stavolta validamente - dal bravo Giulio Borsetti,
intervista Andreotti sulle eccessive casuali coincidenze della sua
storia politica. Quei pochi minuti sono un valido “cortometraggio” che
rendono superfluo ed ermetico il lungo logorroico trascinarsi di
inquadrature cupe, notturne, funeree, che forse aspirerebbero al
grottesco, nelle quali si aggira la macchietta-mummia-mostro del
sedicente Andreotti.
C’è poi uno sbaglio di fondo: il “cattivo” non deve essere necessariamente “brutto”. Il cosiddetto potere “diabolico” di Andreotti non risiede certo – o meglio risiedeva - in una diabolico orripilanza fisico-psicologica ma, al contrario, in un mellifluo potere di seduzione. Chi l’ha detto che il pifferaio di Hamelin deve essere un mostro? Chi ha accostato almeno uno volta il senatore sa quanto l’uomo potesse essere “ammaliatore”: forse in questo risiedeva la sua pericolosità.
C’è poi uno sbaglio di fondo: il “cattivo” non deve essere necessariamente “brutto”. Il cosiddetto potere “diabolico” di Andreotti non risiede certo – o meglio risiedeva - in una diabolico orripilanza fisico-psicologica ma, al contrario, in un mellifluo potere di seduzione. Chi l’ha detto che il pifferaio di Hamelin deve essere un mostro? Chi ha accostato almeno uno volta il senatore sa quanto l’uomo potesse essere “ammaliatore”: forse in questo risiedeva la sua pericolosità.
Dunque un film, brutto, sbagliato, insopportabile, noioso,
inutile, politicamente sbagliato quanto “politically correct”.
Consigliamo a Sorrentino una cura intensiva di Oliver Stone, o qualche
endovena di Francesco Rosi. Cura da estendersi all’inclita critica.
P.S.
Rileggo questa mia minirecensione scritta di getto nel lontano 2008,
dopo aver visto "Il divo" e prima che Sorrentino divenisse uno dei padri
della patria. Non volli e non voglio infierire occupandomi dei
successivi "capolavori", ma come diceva quel tale film attendo che un
bambino innocente, passando dalle sue parte, possa ammettere “Il re è
nudo!!!”
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