Altro recupero del genere apocalittico che proliferò negli anni
Ottanta-Novanta e che resiste ancora, da “Fuga da New York” a “Io sono
leggenda”, alla serie post-atomica di “Mad Max”, per limitarci solo a
pochi titoli. Una sorta di sottogenere è quella dedicata ai “giochi
estremi” in cui alcuni contendenti si disputano un trionfo che ha come
corrispettivo la morte. Chi fa della sociologia a buon mercato potrebbe
leggervi la paura della dissoluzione di un mondo e di
una civiltà, terrore che resiste, magari “sotto traccia” a determinare
le nostre inquietudini giornaliere.
Considerazioni a parte “The Hunger
Games”, grosso successo di appena quattro anni fa (2012), tratto da un
romanzo di fantascienza di Suzanne Collins, ci presenta un mondo
post-atomico – qui individuato attraverso delle fogge e dei costumi
bizzarri che sono un pot porri di reminiscenze e di anticipazioni – dove
l’umanità sopravvissuta deve offrire a un Dio innominato e sconosciuto
l’obolo annuale di un eccidio fra cacciatori-cacciati scelti fra i
rappresentanti giovani dei vari distretti. Competizione spietata fatta
di uccisioni selvagge e minutamente controllata, tramite gli strumenti
di una raffinata civiltà tecnologica, da pochi demiurghi altrettanto e
più spietati, che mutano le regole a loro capriccio e moltiplicano i
pericoli a loro beneplacito. Vinceranno naturalmente i due giovani
protagonisti ma vincono ancor di più i creatori e reggitori di quella
cinica civiltà dello spettacolo che fa di questa caccia all’ultimo
sangue un grande show per svagare e sottomettere il popolo.
Il film,
meno originale di quanto pretenderebbe di essere, è ben condotto e ben
interpretato - ma questa nel cinema statunitense è la regola – costruito
con l’aiuto di sapienti effetti digitali a potenziare e rendere
coinvolgente e alienante insieme il background. Ma direi che,
nonostante tutto, ci tocca emotivamente meno di altri. Da notare la
giovane protagonista Jennifer Lawrence, il conduttore del
macro-spettacolo di morte Stanley Tucci, mentre Woody Harrelson si
difende sempre alla grande anche in ruoli che lo sottovalutano. Nel
ruolo ormai topico del patriarca, di film in film con connotazioni
positive o negative, l’immancabile Donald Sutherland.
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