Una specialità della CIA deviata, almeno di quella immortalata dal
cinema: prendere un soldato superesperto, incaricarlo di una missione di
salvataggio spericolata, addossargli un delitto non suo ed eliminarlo
per codificare l’attribuzione. Un procedimento che, almeno secondo
alcuni, fu seguito anche per l’assassinio di Jack Kennedy cui fece
seguito la velocissima eliminazione del - presunto ? – assassino Osvald.
La serie “Shooter” parte così. E il povero Bob Lee
Swagger, ex-cecchino della marina statunitense, si trova addosso una
terribile imputazione avendo avuto il torto di essere rimasto in vita
nonostante un piano preciso per eliminarlo e attribuirgli una colpa non
sua. Riuscirà a sventare la terribile accusa e a smascherare coloro che
hanno ordito il piano diabolico? E’ quello che ci accingiamo di vedere
nelle successive puntate della serie, che è partita bene, con un “buono”
con famiglia, solido e onesto, e un bieco drappello di “cattivi” che si
celano dietro le più alte cariche dello Stato.
Alle spalle della serie
c’è il romanzo di Stephen Hunter, “Una pallottola per il presidente”, ma
anche un film omonimo del 2007 con Mark Wahlberg, che ora figura fra i
produttori della serie.
Terza e quarta puntata: ho l’impressione che la
vicenda venga un po’ stiracchiata per farla durare, ricorrendo
all’evocazione di un precedente complotto che si svolge in Afghanistan
coinvolgente gli stessi personaggi con un gioco per qualche verso
analogo: qui che lunghi flashback una storia in parallelo, anche se in
tempi diversi. Quinta puntata: la vicenda riparte più speditamente e con
più sicurezza.
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