Sia
Sylvester Stallone che Robert De Niro oltre alle origini italiane hanno
in comune un illustre passato pugilistico, come attori s’intende.
Stallone con il fortunatissimo ciclo dei “Rocky”, De Niro con quel “Toro
Scatenato” che gli procurò l’Oscar. E della saga dei “Rocky” questo “Il
grande match” (2013) rappresenta una sorta di postilla:
l’ammaccatissimo Stallone disputa un
ultimo disperato incontro con l’anziano De Niro, ancora indomabile.
Henry "Razor" Sharp e Billy "The Kid" McDonnen sono due pugili rivali di
Pittsburgh, ormai in pensione. Entrambi, imbattuti e all'apice delle
loro carriere, si sono affrontati due volte, vincendo un incontro a
testa. E questa è l’ultima sfida fra due rivali, in pugilato come in
amore: perché fra i due c’è la presenza di Kim Basinger che ama il primo
ma che al secondo ha regalato un figlio. Insomma un bel groviglio
sentimental-sportivo con i due colossi malconci ma non domi, litigiosi
ma in fondo legati a doppio filo nello sport come nella vita.
Scritto
con garbo e con altrettanto garbo diretto da Peter Segal il film, zeppo
di citazioni (dall’allenamento di Rocky alle smorfie di Jack La Motta) e
con Alan Arkin che cesella da par suo il ruolo del vecchio allenatore, è
anche una prova di forza per i due stagionati attori: Sylvester
Stallone ripete il suo personaggio, scritto in modo saggiamente
commisurato alle sue capacità e ai suoi limiti, e Robert De Niro, come
sempre meraviglioso gigione, che costruisce il suo con il solito
risvolto autoironico, sequenza dopo sequenza. Un film per una vasta
audience ma che fa l’occhietto al “come eravamo”.
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