Una fiaba, una lunga, articolata, un po’ cervellotica fiaba di quelle
costruite come una serie di peripezie attorno a un giovane personaggio,
nata con i fratelli Grimm o forse prima ancora e prolungatasi sin oltre
sino la saga di “Harry Potter”, ma altrettanto fornita di accessori
magici: la leggenda di San Giorgio trascritta in termini fiabeschi, con
il grande drago sputafuoco in attesa di essere rifornito – mediante
periodica estrazione a sorte - di tenere
commestibili fanciulle e Galen, giovane apprendista stregone, che cerca
di neutralizzarne i malefici poteri per porre fine all’eccidio di
verginelle.
Un film prodotto dalla Disney nel 1981, in un’epoca per noi
un po’ remota in cui si potevano ancora infliggere ai minori storie
sanguinolente e un po’ orrifiche, ben lontane dall’attuale polically
correct o buonismo che dir si voglia, secondo l’accezione preferita. Un
film che precorre il genere fantasy anticipandone tutti gli elementi
meno uno, dato che non si è entrati in pieno nell’era digitale con i
relativi effetti, e quindi il mondo fantastico viene rievocato
sostanzialmente solo a base di apparati scenografici, modellini ed
effetti spesso costruiti con sapienza artigianale. Anche se - forse per
la prima volta – qui si fa uso del sistema go-motion creato da Geoge
Lucas.
Forse proprio per questa... “limitatezza digitale” la fantasia
può ancora prendere le distanze dalla meccanica e straordinaria
molteplicità d’invenzione che apparenta i nuovi film ad altrettanti
videogiochi. Scenografie fantastiche ma identificabili roccia per
roccia, lago per lago. Lotte, duelli e competizioni violente ma con uso
limitatissimo di superpoteri, niente balzi e voli facilitati dal
computer. Ragion per cui, rivisto oggi, le invenzioni di allora non sono
sufficienti a eliminare un modesto tasso di noia.
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