DRUNKEN MASTER II



Nella Cina che fu, in anni di dominio inglese, mentre i poveri danno l’assalto a un treno sovraccarico, un medico, accompagnato da suo figlio e da un servo, si trova coinvolto in una rissa attorno a un pacco misterioso che in realtà cela un antico sigillo. Dopodichè dei pacchi misteriosi, degli antichi sigilli e dei medici cinesi non ce ne importa più niente perché il nostro interesse, o meglio la nostra spasmodica attenzione, viene totalizzato dalle acrobazie del figliolo che interpreta le arti marziali come fossero un gioco terribile e delizioso insieme. 
Quel figliolo scatenato, per chi non lo avesse capito, è Jackie Chan in una delle sue grandi interpretazioni d’annata, coadiuvato stavolta dall’estro comico della fanciulla che gli fa da madre e da una schiera di agguerriti combattenti che gli si catapultano contro. Il film, “The legend od Drunken Master” (1994) , in realtà sequel del film del 1978 che aveva rivelato le virtù comico-atletiche e lo stile caratteristici che lo renderanno famoso; Jackie, è formalmente corretto, con tante comparse e tanti ambienti ben ricostruiti, ma è sostanzialmente una pedana per i lanci acrobatici dell’atleta comico di Hong Kong, qui in stato di grazia, ancora non ammaccato come da qualche anno a questa parte. Jakie Chan che affronta schiere di nemici con la sua solita ironia, fingendosi terrorizzato e inseguito mentre l’ammazzasette è proprio lui. Che dire di più? Un godimento di due orette, irrepetibile quanto soddisfacente.
Le arti marziali sancirono la loro affermazione ufficiale nel cinema con la meteora Bruce Lee che cancellò tutta una tradizione di sfide a mani nude e ad armi pari, a cazzotti o al colpi di pistola introducendo la curiosa strana liturgia del kung-fu. Da allora quel modo rigoroso e insieme scenografico di combattere ha influenzato anche indirettamente tutte le sfide cinematografiche e addirittura tutto il cinema d’azione: inutile fare citazioni.
A questo universo “marziale” Jackie Chan ha aggiunto sin dal suo apparire la decisa variazione comica. Non l’atleta marziale che offende e distrugge l’avversario ma qualcuno che si difende in modo furbesco tentando di sottrarglisi e in questa sua buffa difesa sprigiona energia, invenzione, acrobatismo. Unendosi talora in sodalizio con attori occidentali, unendo Hong Kong a Hollywood, Jackie Chan ha inventato un genere. I suoi scontri sono invenzioni, balletti, giochi dove la violenza si nasconde dietro lo sberleffo.

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