Mostri mostri e ancora mostri. “Hellraiser” (1987), uno dei film-cult per gli appassionati dell’horror, nonché capostipite di serie (con otto sequel all’attivo), accanto ai tre “La casa” di Sam Raimi, ai nove “Nightmare” con Freddy Krueger e pochi altri.
Una “scatola magica” scatena strani sortilegi a chi la manovra e fa apparire mostri al cui confronto Alien e company sono una compagnia di allegri bontemponi: sprizzano saette luminose, fra grossi ratti che occupano le soffitte e uncini volanti che straziano le carni del malcapitato parcellizzandone il corpo, per cui alla vittima smembrata non resta che sia attingere sangue da nuove vittime per ricostruirsi alla meno peggio. Tre ulteriori mostri presiedono all’intero processo, tra cui quello, diventato “icona” della serie, con il volto crivellato di aculei, tipo agopuntura giapponese estremizzata. E poi altri mostri fuori serie, lucertoloni con varie teste, draghi eccetera, il tutto immerso in un denso sanguinolento repellente appiccicoso liquido, che sbrodola per ogni dove.
Contrasta con tanta perizia artigianale usata per i trucchi la quasi casuale selezione degli attori, alcuni dei quali - per non dire quasi tutti - sembrano scelti fra gli occasionali avventori del bar in fondo alla strada o del negozio di calzature lì vicino per quanto sono improbabili e approssimati. Evidentemente il regista Clive Barker ha dovuto fare di necessità virtù creando un film con pochi stentati mezzi, che peraltro gli han fatto aguzzare l’ingegno.
Che dire di più? Splatter, orrore, paura, mucillagini umane, effetti speciali caserecci ma efficaci per due ore di svago, un po’ di voltastomaco per i temperamenti delicati, ma otto sequel testimoniano l’efficacia della formula.
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