REGINA DEL SUD



Intorno agli anni Quaranta-Cinquanta gli americani stabilirono le regole di un nuovo genere cinematografico, il film di gangster o poliziesco, che cantava le gesta di gang spuntate come funghi attorno all’equivoco traffico di alcool negli anni ruggenti del proibizionismo: personaggi un po’ double-face, disegnati nelle loro dimensioni eroiche, anche se si trattava di esseri spregevoli destinati a una brutta fine in obbedienza al Codice Hays, e poi le facce patibolari dei gregari, la “pupa” del gangster, e quel clima torbido di una nemesi incombente che tingeva di tristezza ogni avventura. Somigliava parzialmente al noir francese ma ne differiva sotto diversi aspetti.
Da una decina di anni o forse meno il genere si è aggiornato anzi possiamo dire che ne sia sorto uno nuovo. Loschi trafficanti sudamericani, cartelli in luogo di gang, e il traffico della droga in luogo di quello dell’alcool, droghe più o meno diluite e adulterate, come negli anni passati si usava fare col whisky, e poi accoliti dalle facce patibolari scelti prevalentemente fra ispanici, e pupe assortite per il capo. Ma pupe generiche con meno personalità, spesso prostitute schiavizzate, senza i vecchi rituali del dono di gioielli e pelliccette. Il genere – pronube Netflix – batte in violenza il precedente, dove la crudeltà era, tutto sommato, descritta in toni un po’ asettici, solo sventagliate di mitra e colpi di pistola. Qui la violenza deborda, si trasforma in sadismo e i morti si sprecano. 
Su questo schema, mescolato in un pastiche fra finzione e verità, sono state costruite le serie “Narcos” sulla vita e le avventure di Pablo Escobar, ed ora è la volta – con una maggior commistione fra realismo e finzione - de “La regina del Sud”, di cui abbiamo visto i tredici affascinanti episodi della prima stagione, tratto dal quattordicesimo romanzo dello spagnolo Arturo Pérez-Reverte. Teresa Mendoza, destinata a divenire la Regina del titolo, la conosciamo ancora alle prime armi della sua carriera di donna rotta a tutto, d’astuzia volpina, di eccezionale forza d’animo, dolce e spietata, decisa a salire la vetta in un traffico internazionale di droga seminato di morti e assassini. Il racconto è severo, crudo ma non compiaciuto. 
Gli interpreti tutti attendibili, i toni quelli di un racconto realistico che rivela aspetti sconosciuti di un terribile commercio. E al centro lei, Alice Braga, che gestisce il suo personaggio con bravura e intensa verità. Accanto al lei un altro personaggio femminile potente, Camila (Veronica Falcon) in lotta contro il marito per il controllo del cartello. E i comprimari, i secondi personaggi e le seconde storie: un racconto disteso e implacabile per chi ami i sapori forti, ma ben amministrati, senza i sapori fasulli e sofisticati della nostrana nouvelle cousine.

6 commenti:

  1. Dopo la prima stagione ed escluso l'incontro con il Santo ogni puntata é tra un video game un cartoon e la sceneggiatura di B MOVIE.... faccio fatica a continuarlo a vederlo... solo il gusto di capire che cosa di stupido si inventeranno ancora... DELUDENTE!

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  2. Mi e' piaciuto moltissimo il finale della 3°stagione...

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  3. Bellissima serie, null'altro da aggiungere.

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  4. Stupenda serie una delle più belle mai viste, anche la quinta serie bellissima

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