Dopo essere incappato per scelta nel film natalizio il 25 scorso,
rivedendo la prima versione del “Miracolo nella 34 strada”, ho iterato
in ritardo il ricorso al “latte e miele” di prammatica vedendo su
Netflix il filmetto per la tv, americano ma girato in Canada, “Holiday
in Handcuffs” (“Un fidanzato per mamma e papà”, 2007).
Un filmetto che
ne ricorda un altro – i soggetti cinematografici sono come le note
musicali, variabili all’infinito ma limitati
di numero – quello del fidanzato finto affittato per far felici i
parenti ansiosi. Stavolta si passa il segno: il fidanzato da esibire in
famiglia viene addirittura rapito perché la ragazza possa mostrarlo ai
suoi congiunti in quella sorta di rifugio montano isolato dal resto del
mondo. Dopo aver tentato la fuga il sequestrato si arrenderà alla dolce
violenza godendosi alla grande il calore di quella famiglia male
assortita quanto strampalata, ma comunque “famiglia”. Se avete un
briciolo di fantasia non farete fatica a intuire il finale.
Attori tutti
“in parte” e un po’ sopra le righe come si confà a un film-commedia del
genere, gag amministrate con parsimonia, finale “politically correct”,
con l’immancabile omosessuale accettato alla grande e il cambio di rotta
delle figliole rispetto alle aspettative genitoriali. E scambio di doni
sotto l’Albero.
Ultima considerazione: qui come altrove e sempre più
spesso, non viene mai chiarito perché il Natale – oltre ad essere la
festa di famiglia per antonomasia – si chiami Natale: niente niente che
prenda il nome dalla nascita di un Fanciullo in quel di Betlemme
avvenuta circa duemila anni fa? Per usare un residuo di cultura
manzoniana: Natale, chi era costui ?
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